Disciplina dell’istigazione alla corruzione. Articolo 322 c.p.

Disciplina dell’istigazione alla corruzione. Articolo 322 c.p.

La disciplina dell’istigazione alla corruzione è contenuta all’interno dell’articolo 322 c.p.

Vediamo di leggere la disposizione normativa:

Disposizione normativa articolo 322 c.p.

Primo comma (Corruzione Attiva)

  • Chiunque offre o promette denaro o altra utilità non dovuti, al pubblico ufficiale o all’incaricato di un pubblico servizio che riveste la qualità di pubblico impiegato, per compiere un atto conforme al suo ufficio, soggiace – qualora la promessa non fosse accettata – alla pena indicata dal Primo comma dell’articolo 318 c.p. ridotta a 1/3.

 

In altre parole, bisogna ridurre a 1/3 la reclusione da 6 mesi a 3 anni.

Secondo comma (Corruzione Attiva)

  • Chiunque offre o promette denaro o altra utilità non dovuti, al pubblico ufficiale o all’incaricato di un pubblico servizio, per omettere o ritardare un atto del suo ufficio, ovvero, compiere un atto contrario ai doveri del suo ufficio, soggiace – qualora la promessa non fosse accettata – alla pena indicata dall’articolo 319 c.p. ridotta a 1/3.

 In altre parole, bisogna ridurre a 1/3 la reclusione che va da 2 anni a 5 anni.

Terzo comma (Corruzione Passiva)  

  • La pena di cui al Primo comma (ci si riferisce al suddetto articolo 322 c.p.) si applica, al pubblico ufficiale o all’incaricato di un pubblico servizio che riveste la qualità di pubblico impiegato, qualora questo induce il privato a offrire o promettere denaro o altra utilità, per le finalità di cui all’articolo 318 c.p. e quindi per compiere un atto conforme ai doveri d’ufficio.

Quarto comma (Corruzione Passiva)

  • La pena di cui al Secondo comma (ci si riferisce al suddetto articolo 322 c.p.) si applica, al pubblico ufficiale o all’incaricato di un pubblico servizio, qualora questo induce il privato a offrire o promettere denaro o altra utilità per le finalità di cui all’articolo 319 c.p. e quindi per omettere o ritardare un atto d’ufficio, ovvero, compiere un atto contrario ai doveri d’ufficio.

Spiegazione dell’articolo 322 c.p.

Modifiche apportate all’articolo 322 c.p. dalla legge di Riforma 26 aprile n. 86/1990

A seguito della legge di Riforma del ’90 i primi due commi sono rimasti quasi del tutto invariati. Mentre sono stati aggiunti gli ultimi due e quindi, il Terzo e il Quarto.

Sono stati quindi aggiunti, i commi relativi alle ipotesi di corruzione passiva. Quelli cioè, dove l’istigazione è posta in essere dal soggetto Intraneus.

Così facendo il legislatore ha esplicitamente attribuito rilevanza penale, al tentativo di corruzione attuato dal pubblico agente. Correlativamente è stata resa più agevole la tutela dei soggetti privati.

Condotta incriminata e soggetto attivo

Nelle IPOTESI DI CORRUZIONE ATTIVA e quindi all’interno del dettato del Primo e Secondo comma, il SOGGETTO ATTIVO è il soggetto privato o soggetto corruttore per utilizzare il termine di cui all’articolo 321 c.p.

Mentre la CONDOTTA INCRIMINATA è rappresentata dall’offerta o dalla promessa di danaro o di altra utilità, per indurre l’intraneus a compiere, omettere o ritardare un atto del suo ufficio, ovvero, compiere un atto contrario ai doveri del proprio ufficio.

Nelle IPOTESI DI CORRUZIONE PASSIVA e quindi all’interno del dettato del Terzo e Quarto comma, il SOGGETTO ATTIVO è il c.d. intraneus.

Mentre la CONDOTTA INCRIMINATA è rappresentata dall’induzione che il soggetto attivo fa al privato per ricevere la promessa o la consegna di danaro o altra utilità per compiere omettere o ritardare un atto del suo ufficio, ovvero, compiere un atto contrario ai doveri d’ufficio.

A questo punto sorge in maniera quasi del tutto spontanea una domanda: Vale a dire se l’offerta o la promessa ai fini dell’istigazione alla corruzione, possono essere fatte in favore di un terzo.

La risposta è certamente no, in quanto, l’articolo 322 c.p. esplicitamente richiama l’intraneus e non anche il terzo.

Spiegazione della parola “indurre il privato” contenuta nel Terzo e nel Quarto comma  

Con riferimento alla parola indurre il privato si sono posti problemi interpretativi.

Un primo orientamento ritiene che ai fini dell’articolo 322 c.p., indurre deve essere interpretato come sinonimo di chiedere con insistenza e non come induzione in senso stretto, perché altrimenti si ricadrebbe nel dettato dell’articolo 317 c.p. e non quindi nell’istigazione alla corruzione.

A mio avviso questo orientamento non può essere perseguito per due diversi ordini di ragione.

Il primo è che così facendo noi sanzioniamo l’extraneus per una condotta di minore incisività rispetto a quella del privato. Viene sanzionato non per aver indotto, ma per aver richiesto.

In secondo luogo, perché non è affatto vero che l’induzione attuata dal pubblico agente, conduce sempre e comunque al delitto di concussione.

Come abbiamo avuto modo di vedere anche in questo POST, i criteri che ci consentono di distinguere il delitto di concussione dal delitto di corruzione sono totalmente di diverso avviso.

Problema inerente all’istigazione alla corruzione in atti giudiziari

Il problema riede nel fatto che il legislatore della Riforma del ’90, ha elevato a reato autonomo la corruzione in atti giudiziari, in quanto, ritenuta una forma di corruzione più grave.

Ora con riferimento all’istigazione alla corruzione l’articolo 322 c.p., ai fini di stabilire la pena da applicarsi al soggetto attivo, richiama solamente gli articoli 318 e 319 c.p. Non richiama quindi l’articolo 319 ter c.p.

Ne consegue che l’istigazione alla corruzione in atti giudiziari, che in teoria dovrebbe costituire una forma di istigazione più grave, in pratica viene sanzionata con le pene edittali più basse previste per le altre forme di corruzione.

È agevole comprendere che si pone in essere una vera e propria incongruenza.

Per evitare detta incongruenza, la dottrina ha elaborato i più svariati orientamenti, tra i quali quello che possiamo dire più accettabile riguarda l’orientamento che ritiene richiamato implicitamente l’articolo 319 ter c.p.

Ma si tratta ovviamente di una forzatura e quindi è auspicabile che il legislatore provveda in futuro esplicitamente a richiamare detto articolo 319 ter c.p.

Elemento soggettivo

Esso è rappresentato dal DOLO SPECIFICO, sia nel caso di istigazione alla corruzione attiva che in quella passiva.

 

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