Fattispecie delittuosa dell’abuso d’ufficio. Articolo 323 c.p.

Fattispecie delittuosa dell’abuso d’ufficio. Articolo 323 c.p.

Tra le diverse nuove figure delittuose introdotte dalla legge di Riforma del ’90, abbiamo anche l’abuso di ufficio, il quale, è disciplinato dall’articolo 323 c.p. Detto articolo stabilisce che:

  • Salvo che il fatto non costituisca un più grave reato, è punito con una reclusione che va da 6 mesi a 3 anni, il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che nello svolgere la propria funzione o il proprio servizio,

in violazione

  • di leggi o regolamenti
  • dell’obbligo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un proprio congiunto
  • ovvero negli altri casi prescritti

procura intenzionalmente a sé o a un terzo un ingiusto vantaggio patrimoniale, ovvero, arreca ad altri un danno ingiusto.

 

  • La pena è aumentata nel caso in cui il vantaggio conseguito o il danno arrecato, abbiano il carattere di rilevante gravità.

Spiegazione Abuso d’ufficio. Articolo 323 c.p.

Con riferimento a detta figura delittuosa dell’abuso di ufficio, dobbiamo dire che prima che operasse la Riforma del ’90, esso era denominato dell’abuso innominato d’ufficio e svolgeva una funzione sussidiaria o residuale. Nel senso che esso risultava applicabile ogni volta che il fatto non andasse ad integrare i presupposti di una più specifica disposizione incriminatrice.

Ne consegue che la prima modifica operata dalla legge di Riforma, è stata proprio quella di trasformare l’abuso di ufficio, da figura delittuosa residuale a figura delittuosa cardine.

E nell’operare detta trasformazione, il legislatore della Riforma si sforzava di descrivere il fatto punibile con sufficiente precisione, in modo da evitare che un eccesso di genericità della fattispecie incriminatrice si traducessero in indebiti sconfinamenti del giudice penale. Sconfinamenti in campi o materie riservate alla discrezionalità della pubblica amministrazione.

Nonostante l’intento del legislatore di restringere la portata applicativa dell’abuso di ufficio, nella prassi applicativa i giudici sono soliti utilizzare un’interpretazione così ESTENSIVA della norma, che invece di ridurre si è forse ampliato il problema delle incursioni che il magistrato penale fa nella sfera amministrativa.

Proprio per rimediare a detto inconveniente, il legislatore a nuovamente Riformato l’articolo 323 c.p., mediante la legge n. 234/1997. Si tratta della legge che ha conferito all’articolo 323 c.p. la formulazione attuale.

E che cosa ha fatto questa legge n 234/1997?

Ha cercato di circoscrivere la portata applicativa di questo articolo.

Come lo ha affatto?

Intervenendo nella struttura del reato e quindi:

  1. Trasformando la fattispecie, da reato a consumazione anticipata a reato di evento (Si è passati dal dolo specifico al dolo intenzionale).

Cosa significa?

Significa che per aversi consumazione del reato, non è più importante il FINE di vantaggio o di danno. È importante l’EFFETTIVA PRODUZIONE dei medesimi.

 

  1. Circoscrivendone l’applicazione del 323 c.p., al solo vantaggio patrimoniale.

 

  1. E comunque tanto il vantaggio che il danno per rendere applicabile sempre il 323 c.p. devono essere posti in essere in violazione di leggi, regolamenti o dell’obbligo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di quello di un proprio congiunto.

 

  1. Il fatto è punibile soltanto se commesso con dolo intenzionale, ovvero, quando con la propria condotta (azione od omissione) si mira a raggiungere l’evento tipizzato.

 

  1. Abbassando il limite massimo della pena a tre anni, in modo da:

 

  • Impedire l’applicazione delle misure coercitive e quindi evitare la custodia cautelare in carcere.
  • Dimezzare il termine prescrizionale.

Soggetti attivi

Sono come si evince dal testo dell’articolo 323 c.p., i pubblici ufficiali e gli incaricati di un pubblico servizio.

Bene protetto

Il bene protetto è rappresentato dalla tutela dei principi di imparzialità e buon andamento.

Condotta incriminata o elemento oggettivo

Poiché si tratta adesso di un REATO EVENTO, non è sufficiente più il FINE, ma occorre l’EFFETTIVA PRODUZIONE di un vantaggio patrimoniale o di un danno INGIUSTO.

CONCETTO DI INGIUSTO VANTAGGIO PATRIMONIALE

È da mettere in evidenza che ai fini dell’articolo 323 c.p. l’unica forma di vantaggio penalmente rilevante è quella PATRIMONIALE e quindi, solamente il vantaggio economicamente valutabile. In altre parole, deve coincidere con un accrescimento della situazione economica del soggetto beneficiario.

Per fare un esempio e capire meglio: il vantaggio patrimoniale è ravvisabile nel rendere edificabile un terreno che prima non lo era.

Sorge una domanda: Come mi il legislatore ha escluso dall’articolo 323 c.p., il vantaggio non patrimoniale?

La risposta è semplice: perché si è voluto evitare a monte che la giurisprudenza attraverso interpretazioni estensive del concetto di vantaggio, avesse ravvisato il medesimo anche nel fine di incrementare il proprio prestigio o la propria credibilità politica.

CONCETTO DI DANNO

L’elemento danno a differenza di quanto detto per il vantaggio, può avere sia carattere patrimoniale che non patrimoniale. E questo trova la sua giustificazione nel fatto che così facendo si riesce ad attribuire al privato una tutela più completa. Anche nell’ipotesi in cui il pubblico ufficiale, vuole arrecare un danno non patrimoniale.

CARATTERE DEL VANTAGGIO PATRIMONIALE E DEL DANNO

Affinché si configuri il delitto di cui all’articolo 323 c.p., è necessario che tanto il vantaggio patrimoniale, quanto il danno siano dotati del carattere di INGIUSTIZIA.

Ne consegue che l’amicizia o l’inimicizia che il pubblico ufficiale può provare nei confronti del destinatario di un atto, non bastano a rendere il medesimo ingiusto se esso viene emanato in conformità ai parametri normativi e all’interesse obiettivo della pubblica amministrazione.

VIOLAZIONE DI NORME DI LEGGE, DI REGOLAMENTI O VIOLAZIONE DELL’OBBLIGO DI ASTENERSI.

Ad ogni modo, il pubblico ufficiale e l’incaricato di un pubblico servizio affinché siano punibili, è necessario che nel compiere la condotta incriminata, questa sia posta in essere in violazione di norme di leggi, regolamenti o in violazione dell’obbligo di astenersi.

Perché il legislatore ha subordinato la punibilità di questo reato, alle suddette violazioni?

La risposta è semplice, perché in passato i giudici penali con la scusa di reprimere il reato, finivano per sindacare le decisioni amministrative. In altre parole, finivano per ampliare il fenomeno della supplenza giudiziaria.

Il legislatore del 1997 con la legge numero 234, avendo subordinato la punibilità alle violazioni di cui abbiamo appena parlato, ha reso il reato con contorni meno incerti.

Ne consegue che l’abuso oggi acquisirà rilevanza penale solamente quando vi è una precisa norma di legge o di regolamento che è stata violata.

Se non vi è la violazione di una puntuale norma, il reato non può dirsi attuato.

Ma le cose stanno realmente così? Il legislatore è veramente riuscito ad arginare l’interpretazione estensiva posta in essere dai giudici?

Perché l’articolo 323 c.p. non indica quali norme di leggi e quali regolamenti, se violati fanno configurare l’abuso d’ufficio. Esso si limita a richiamare la generica violazione di norme di leggi e di regolamenti.

Ne consegue che un richiamo così generico, può consentire al giudice di ravvisare la violazione di leggi anche nelle norme costituzionali. E quindi anche nell’articolo 97 Cost. ogni qualvolta il pubblico ufficiale violi i principi di buon andamento e imparzialità.

In altre parole, un requisito (la violazione di norme di legge) che il legislatore del ’97, aveva previsto per arginare l’interpretazione, finisce per diventare la causa di una possibile interpretazione estensiva.

VIOLAZIONI DI REGOLAMENTI

Con riferimento ai Regolamenti non si pongono particolari dubbi interpretativi. Il Regolamento è la fonte di normazione secondaria tipica della pubblica amministrazione.

Ne consegue che il problema che si pone con riferimento al Regolamento, non è legato al concetto, quanto al fatto che in materia penale vige il principio di riserva di legge e nella nuova fattispecie di abuso:

  • Si ammette che una fonte secondaria concorra alla descrizione di un illecito penale.
OBBLIGO DI ASTENERSI IN PRESENZA DI UN INTERESSE PROPRIO O DI UN PROSSIMO CONGIUNTO E NEGLI ALTRI CASI PRESCRITTI DALLA LEGGE

È il caso di precisare che l’obbligo di astenersi acquisisce rilevanza penale, solamente quando sussiste in tal senso un obbligo giuridico che deriva dalla legge o da altra fonte normativa.

Ne consegue che questo ulteriore requisito poteva anche non mettersi, in quanto, è già incluso nel concetto di violazione di legge.

Lo stesso può dirsi per quanto riguarda gli altri casi prescritti.

N.B. poiché la condotta di abuso deve essere posta in essere in violazione di norme di legge o di regolamenti, la condotta omissiva acquisisce rilevanza ex articolo 323 c.p., solamente se la norma violata prevedeva in capo al soggetto pubblico un obbligo di facere.

Ad ogni modo, la condotta illecita deve essere posta in essere nello svolgimento della funzione o del servizio. Ne consegue che non potranno essere ricondotte all’articolo 323 c.p., tutte le forme di partecipazione del pubblico ufficiale uti privatus agli atti negoziali di gestione della pubblica amministrazione.

Si pensi ad un sindaco proprietario di una impresa edile, il quale partecipa come privato a una gara d’appalto bandita dallo stesso Comune in cui esercita il suo ufficio.

Carattere sussidiario del reato

Il delitto di abuso di ufficio si applica solamente se il fatto non costituisce un più grave reato. Da qui se ne comprende il carattere sussidiario.

Elemento soggettivo

È rappresentato dal dolo INTENZIONALE. Il legislatore ha voluto restringere il campo interpretativo evitando il c.d. dolo eventuale e quindi, l’ipotesi in cui il pubblico ufficiale agisce irregolarmente, accettando il rischio di procurare un vantaggio patrimoniale o un danno ingiusto.

Con il dolo INTENZIONALE il pubblico ufficiale non soltanto si rende conto, sia di violare norme di legge o regolamenti, sia di attuare un’ingiustizia che ha ad oggetto lo scopo di avvantaggiare o danneggiare.

È comunque molto strano e insolito che il legislatore espressamente vincoli l’interprete, nella forma di dolo a cui è subordinata la punibilità.

Il dolo intenzionale è un dolo molto forte, il cui accertamento è molto complesso, in quanto, obbliga il giudice e in primo luogo il pubblico ministero, a sondare in profondità il processo motivazionale del pubblico ufficiale.

Consumazione del reato

Il reato si consuma nel tempo e nel luogo in cui si è verificato il vantaggio patrimoniale, ovvero, il danno.

Il tentativo

Esso è configurabile.

Circostanza aggravante

Il secondo comma dell’articolo 323 c.p. prescrive una circostanza aggravante, per l’ipotesi in cui il vantaggio o il danno di cui al Primo comma, hanno carattere di rilevante gravità.

Qualcuno in dottrina aveva ritenuto che si trattasse di un’aggravante indefinita e che quindi fosse incostituzionale.

In realtà oggetto della valutazione giudiziale è indicato e consiste nell’entità del vantaggio o del danno.

Se proprio si vuole muovere un’obiezione sarebbe stato meglio parlare, sotto il profilo linguistico, di rilevante Entità e non rilevante Gravità.

Ti potrebbe interessare anche...