Diritto del lavoro e la crisi degli anni 80

Diritto del lavoro e la crisi degli anni 80

Bettino Craxi nella sede del PSI

Presidente del Consiglio Bettino Craxi

I primi problemi si erano cominciati ad avvertire, già sul finire degli anni ’70. Questo a causa della crisi petrolifera causata dalla guerra arabo-israeliana del 1973, la quale aveva fatto aumentare, a livelli molto alti, il c.d. TASSO DI INFLAZIONE.

Un aumento quest’ultimo, che spingeva la classe operaia a chiedere correlativi incrementi dal punto di vista retributivo, così come previsto dal Sistema della Scala Mobile.

Si osservi però, che ci si trovava in un periodo di stagnazione economica e quindi questi incrementi di reddito, non erano affiancati da un correlativo aumento della produttività. Pertanto, detta scala mobile aveva l’effetto negativo, di generare nuove pressioni inflazionistiche.

Sulla base di quanto detto si capisce bene che, il sistema della scala mobile si rivela come uno strumento non idoneo, a fronteggiare il fenomeno dell’inflazione. Si cerca pertanto, di attuare una politica volta a far crescere i redditi, sulla base dell’andamento dei parametri macroeconomici.

Al riguardo è interessante ricordare, l’allora segretario della CGIL Luciano Lama. Egli riconobbe pubblicamente che il SALARIO, fosse un qualcosa che non poteva essere trattato come una variabile indipendente dall’andamento dell’economia.

Si è trattato di un atteggiamento sindacale responsabile, il quale ha consentito un dialogo con la controparte sociale e il governo.

Si è dato luogo ad una c.d contrattazione trilaterale.

La contrattazione trilaterale per risolvere la crisi degli anno ’80

Con la suddetta contrattazione trilaterale, si è arrivato al c.d. Accordo Scotti del 1983, con il quale sono stati concordati alcuni ritocchi al sistema della scala mobile. Sistema quest’ultimo che si trovava ad essere sempre più contestato.

Tuttavia, quando nel 1984, sempre in chiave antinflazionistica, si propose un ulteriore e temporaneo taglio di alcuni punti alla scala mobile, la CGIL non accettò più. Pertanto il Governo, allora presieduto da Bettino Craxi, fece un accordo separato solo con CISL e UIL.

Il contenuto di quell’accordo sarà, immediatamente dopo, recepito all’interno di un decreto legge.

Decreto quest’ultimo oggetto di feroci lamentele, a causa dell’ingerenza che il legislatore aveva avuto, legiferando in un tema, come quello della retribuzione, che tradizionalmente era riservata alla contrattazione collettiva.

Nonostante le suddette lamentele, il Decreto era riuscito a sopravvivere, tanto alla Corte costituzionale, quanto al Referendum popolare promosso nel 1985 dal Partito comunista.

Ne consegue che, per la scala mobile inizierà un lento e inesorabile declino, fino ad arrivare alla sua definitiva soppressione nel 1992.

La soppressione della scala mobile

Soppressa la scala mobile per rilanciare un sistema produttivo, caratterizzato da alti costi e scarsa produttività, verranno emanate norme che restituiranno alle imprese margini di libertà nella gestione del lavoro.

Si pensi a quelle norme che hanno:

  • Nuovamente reso più facile, tramite un rinvio alla contrattazione collettiva, il ricorso a quelle che erano le assunzioni a tempo determinato.
  • Introdotto nuovi tipi di contratto di lavoro subordinato. Si pensi al tempo parziale o di formazione.
  • Reso più efficaci le visite di controllo sui lavoratori ammalati, prevedendo fasce orarie per la reperibilità domiciliare.

Si osservi però che nonostante quanto finora esposto, anche negli anni ’80 si è avuta una linea legislativa volta a rafforzare i diritti individuali dei lavoratori.

Al riguardo, si pensi alla legge che conteneva la disciplina, con cui si limitava il licenziamento individuale. Essa, infatti, aveva inasprito il regime sanzionatorio ed esteso la regola del giustificato motivo, anche ai datori di lavoro di minima dimensione occupazionale.

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