Azione amministrativa e violazioni penalmente rilevanti

Azione amministrativa e violazioni penalmente rilevanti

Sulla base della Legge n. 516/1982 è ormai rimessa all’autonoma ed esclusiva iniziativa del giudice penale, la repressione dei c.d. REATI TRIBUTARI.

Fatta questa premessa è adesso importante comprendere il rapporto che vi è tra, Iniziativa sanzionatoria penale e l’attività amministrativa tributaria. E ciò con riferimento sia all’attività di accertamento che a quella sanzionatoria.

Si osservi che la comprensione di questo rapporto, presuppone il superamento di due problemi:

Il Primo problema che si pone con riferimento a questo rapporto è:

1) Cosa succede se uno stesso fatto è oggetto di previsione, sia da una disposizione penale che da quella amministrativa?

La risposta è semplice.

Nel nostro ordinamento è stato introdotto il c.d. principio di specialità. In altre parole, quando uno stesso fatto è punito sia con sanzioni penali che amministrative, si applica la disposizione speciale, quindi quella che ha un raggio di operatività più limitato.

Poiché le sanzioni penali hanno normalmente un ambito di operatività più circoscritto di quelle amministrative, detto principio dovrebbe condurre a non applicare le sanzioni amministrative in quelle che sono le violazioni tributarie penalmente rilevanti.

Ma a guardare bene la realtà, le cose non stanno sempre così. Si pensi a quelle norme che parametrano l’irrogabilità della sanzione amministrativa al raggiungimento di una certa dimensione dell’evasione.

In questo caso è la sanzione amministrativa ad essere dotata del carattere di specialità, con la conseguenza che l’evasore ne riceverebbe un vantaggio.

Il Secondo problema che si pone è:

2) Poiché le indagini sugli illeciti tributari soggiaciono a regole diverse, a secondo che dette indagini siano condotte dalla polizia giudiziaria o da quella tributaria, ci si pone un interrogativo: Cosa accade se nel corso di una normale indagine amministrativa tributaria, dovessero emergere fatti penalmente rilevanti?

Sulla base del codice di procedura penale, si ha l’obbligo di darne notizia entro 48 ore al Procuratore della Repubblica.

Una volta assolto a quest’obbligo:

Una parte della dottrina ritiene che bisogna sospendere le indagini in attesa che vi sia la presenza del difensore.

Un’altra parte della dottrina, invece, ritiene che le indagini debbano essere proseguite sino a che il Procuratore della Repubblica, a cui si è data notizia in conformità al codice di procedura penale, non dia direttive contrarie al riguardo.

E’ infine controverso se possono essere utilizzate le conoscenze acquisite nel corso di indagini penali, con l’esercizio di poteri esclusivamente tributari.

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