Il principio di riserva di legge. Diritto Tributario

Il principio di riserva di legge. Diritto Tributario:

Disposizione art. 23 Cost

Per quanto riguarda il principio di riserva di legge, possiamo dire che esso è contenuto all’interno dell’articolo 23 della Costituzione.

Detto articolo stabilisce che:

  • Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non per legge.

Spiegazione principio di riserva di legge

Detto principio, trova il suo fondamento storico direttamente nell’articolo 30 dello Statuto Albertino. Esso stabiliva che:

  • i tributi non potevano essere disposti o riscossi se non vi era l’autorizzazione delle Camere e il sanzionamente del re.

Comparando i due articoli, ci accorgiamo in modo pressoché automatico che l’articolo 23 Cost., ha un ambito di applicazione ben più ampio rispetto all’articolo 30 dello Statuto Albertino. Infatti, mentre quest’ultimo si riferisce alla sole prestazioni tributarie, l’articolo 23 Cost. si riferisce a tutte le prestazioni personali e patrimoniali imposte.

Quando una prestazione può dirsi imposta ai fini dell’articolo 23 Cost. Orientamenti della Corte Costituzionale

A questo punto, sorge spontaneamente una domanda. Quando una prestazione può dirsi imposta ai fini dell’articolo 23 Cost.?

La risposta a questa domanda purtroppo non è semplice. La stessa Corte costituzionale ha più volte modificato il suo orientamento, sul modo di intendere la prestazione imposta, ai fini dell’articolo 23 Cost.

Primo orientamento 

In un primo momento, essa riteneva che per prestazione imposta ai fini dell’articolo 23 Cost., si dovessero intendere:

  • quelle nascenti da un atto di autorità alla cui formazione non vi era concorso la volontà del soggetto obbligato.

Il problema legato a questo primo orientamento, risiedeva in un fatto ben preciso. Così interpretando, si riusciva a far rientrare bene nel dettato dell’articolo 23 Cost. le imposte, ma non anche le tasse.

Perché con riferimento alle tasse, il contribuente riceve in qualche modo uno controprestazione da parte del fisco. Ne consegue che, detta controprestazione possiamo dirla idonea a far configurare una volontà del contribuente.

Per fare un esempio e capire meglio. Pago la tassa universitaria, ma sono infondo d’accordo, ne voglio la correlativa formazione.

Secondo orientamento

Successivamente, per ovviare a questo problema, essa riterrà che per prestazioni imposte, si devono intendere:

  • tutte quelle prestazioni la cui imposizione trova il suo fondamento, al di fuori di un vero e proprio rapporto negoziale.

Terzo orientamento

Successivamente ancora, provvederà a perfezionare questo orientamento. Essa stabilirà che si devono intendere imposte, ai fini dell’articolo 23 Cost.:

  • anche quelle prestazioni la cui imposizione nasce all’interno di un rapporto negoziale, ma per ottenere un servizio pubblico essenziale.

Facciamo ancora un esempio. Immaginiamo che io debba fare un intervento chirurgico. Da una parte, quest’ultimo deve debitamente informarmi, sulle modalità in cui avverrà l’intervento, sui rischi che corro e così via; dall’altro, invece, affinché il chirurgo possa operare su di me, io devo prestare il mio consenso.

In altre parole, nonostante tra me e il chirurgo si realizza una vera e propria attività negoziale, il correlativo ticket che sono obbligato a pagare, è configurato come tributo.

Ambito di operatività riserva di legge

Fatta questa premessa, è importante capire:

  • Qual è l’ambito di operatività di detto principio di riserva di legge?

Questa volta la risposta è semplice.

L’ambito di operatività è fino al momento impositivo. O meglio, fino al momento di individuazione degli aspetti sostanziali del tributo.

Si pensi all’individuazione: dei soggetti attivi, passivi, della base imponibile o dell’aliquota.

Non opera invece, nei confronti di quelli aspetti procedimentali. Si pensi all’attività di accertamento o a quella di riscossione. Quest’ultime possono benissimo essere disciplinati, con normativa sub-primaria.

Questo perché la riserva di cui stiamo parlando, non ha natura assoluta, bensì relativa. Detta relatività, infatti, è da ricondursi soprattutto all’articolo 5 Costituzione. Quest’ultimo, dopo aver sancito l’unità e l’indivisibilità della Repubblica, riconosce e promuove le autonomie locali.

Ci si è poi chiesto, se anche gli istituti di esenzione e agevolazione fiscale, possano essere disciplinati con normativa sub-primaria. Una parte della dottrina, ritiene:

  • poiché questi istituti esulano dalla disciplina propria del diritto tributario, nulla osterebbe al fatto che anche essi, possano essere disciplinati con normativa secondaria.

La dottrina maggioritaria, invece, ritiene che questi istituti abbiano natura derogatoria, rispetto alla disciplina dettata dalle norme primarie. Ne consegue che, essi necessitano di una disciplina che proviene da norme di pari rango.

Intensità con cui opera il principio

Una volta affrontato il problema dell’ambito di operatività, è importante affrontare anche quello attinente all’intensità con cui opera detto principio.

L’espressione legge contenuta all’interno dell’articolo 23 Cost., si riferisce non soltanto alla legge ordinaria, ma anche al decreto legislativo e al decreto legge (artt. 76-77 Cost.).

Tuttavia, lo Statuto dei Diritti del Contribuente (legge 2000 n. 212), preclude la possibilità di utilizzare il decreto legge, come strumento per introdurre nuovi tributi o estendere quelli vecchi, a nuove categorie di soggetti passivi.

Ciò dipende, non dal dettato dell’articolo 23 Cost., bensì dall’articolo 4 dello Statuto.

Infatti, poiché lo Statuto dei diritti del Contribuente non preclude l’uso del decreto legislativo, nella prassi, rimane frequente l’uso della legislazione delegata.

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