L’accertamento delle imposte sui trasferimenti

L’accertamento delle imposte sui trasferimenti

Due uomini imbracciano una casa per trasferirla ad altro soggetto

Nelle imposte sui trasferimenti è normalmente rimesso all’Amministrazione finanziaria il compito di stabilire, se è dovuto qualcosa e quanto eventualmente sia dovuto dal contribuente.

Più precisamente, con riferimento a dette imposte vi è sempre un accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria, Essa ha, infatti,  il compito di LIQUIDARE l’imposta in proporzione ai valori dichiarati e controllare successivamente che quest’ultimi siano congrui. Ne consegue che, i valori dichiarati dal contribuente, costituiscono la c.d. base imponibile.

Pertanto in questo tipo di imposte, al contribuente spetterà solamente l’adempimento degli obblighi strumentali. Si pensi alla registrazione, alla denuncia, nonché al versamento dell’imposta.

Evoluzione storica della disciplina sulle imposte sui trasferimenti

Nella disciplina originaria sia l’Ufficio che il contribuente, potevano rimettere in discussione l’iniziale liquidazione dell’imposta dovuta. Ciò però solamente per errore di fatto o di diritto, del contribuente o dell’Amministrazione.

All’Amministrazione era anche negata la possibilità di elevare i valori dichiarati, nell’atto o nel contratto. Tale compito era riservato a dei PERITI esterni, i quali su istanza dell’Amministrazione dovevano essere designati da un giudice ordinario.

Questa stime inizialmente erano insindacabili, successivamente se ne consentì la loro impugnazione davanti al giudice ordinario. Prima solo per assenza o insufficienza di calcolo; dopo anche per grave ed evidente errore di apprezzamento.

Nel 1936 questa disciplina fu radicalmente cambiata, in quanto, si attribuì direttamente agli Uffici finanziari la possibilità di rettificare i valori dichiarati. Adesso era sufficiente notificare un avviso di accertamento di maggior valore. Correlativamente il contribuente poteva impugnare detto avviso di accertamento, dinanzi le Commissioni tributarie.

Evoluzione disciplina a seguito della Riforma degli anni ’70

Con la Riforma degli anni ’70, invece, si introdurrà il principio secondo cui:

  • non si possono mettere più in discussione gli atti della riscossione, per le questioni che potevano farsi valere impugnando tempestivamente, gli atti di liquidazione dell’imposta. 

Ne consegue che, con quest’ultima Riforma si è avuto un passaggio, da un modello marcatamente liberale ad uno decisamente autoritario.

La distinzione tra imposte principale, complementari e suppletive

L’attività di accertamento delle imposte sui trasferimenti, può avere ad oggetto tre tipi di imposte. Più precisamente, quella:

  • Principale: Si tratta del tributo liquidato in base ai valori dichiarati dal contribuente.
  • Complementare: Si tratta del tributo dovuto sulla base di eventuale rettifica di questi valori.
  • Suppletiva: Vale a dire, il tributo dovuto sulla base di correzione o errori, posti in essere dall’Ufficio stesso in sede di iniziale liquidazione dell’imposta.

Termini decadenziali

Per quanto riguarda i termini decadenziali, la legge stabilisce un termine di tre anni per chiedere il versamento delle imposte. Il termine decorre dalla registrazione dell’atto per quanto riguarda le imposte principali e suppletive; mentre dalla data in cui è divenuto definitivo l’accertamento del maggior valore, per quanto riguarda l’imposta complementare.

Per gli atti non registrati, il termine decadenziale per chiedere l’imposta, è fissato a 5 anni.

Riscossione 

In linea di principio bisogna dire che, la riscossione normalmente non viene sospesa per l’eventuali impugnazioni degli atti di accertamento, ma bisogna fare delle precisazioni:

  1. Le imposte complementari sono riscuotibili nei limiti di 1/3 nel giudizio di primo grado; per intero dopo la sentenza di secondo grado.
  2. Quelle suppletive, invece, solo con la sentenza impugnabile con ricorso in Cassazione.

Privilegi

La legge stabilisce che solo con riferimento alle imposte suppletive, l’Amministrazione finanziaria non può esercitare più il privilegio sugli immobili trasferiti, laddove i terzi vi hanno successivamente acquisito diritti.

Responsabilità tributaria

Desta particolare importanza parlare della responsabilità dei pubblici ufficiali, notai, cancellieri e così via. Sul punto dobbiamo dire che essa non si estende anche alle imposte complementari e suppletive.

Anzi con riferimento all’imposta complementare, è necessario precisare che se essa dovesse essere dovuta solo per cause imputabili ad una sola delle parti, l’imposta sarà dovuta solamente da quest’ultima.

Disciplina dell’avviso di liquidazione (Atto di accertamento)

La liquidazione dell’imposta o l’avviso di liquidazione, è l’atto mediante il quale l’Ufficio determina l’impostazione principale. Quindi l’imposta dovuta sulla base del contenuto degli atti e delle denunce presentate, ovvero, del contenuto delle pronunce giurisdizionali.

L’Ufficio in questa sede liquida l’imposta sulla base dei valori imponibili dichiarati, salvo il caso che:

  • gli atti non contengono le indicazioni attinenti ai valori dei beni
  • mancata denuncia di successione
  • i beni hanno un valore venale palesemente maggiore a quello dichiarato dalle parti

In tutti questi casi, l’Ufficio con lo stesso atto di liquidazione dell’imposta principale, rettifica liquidando anche la maggiore imposta, applicando altresì, gli interessi e le sanzioni.

Notificare detto atto di liquidazione è un antecedente necessario per l’eventuale riscossione coattiva del tributo.

Natura atto di liquidazione

In passato si riteneva che esso non avesse natura provvedimentale, ma questa impostazione – oggi più che mai – non è condivisibile visto che la legge ha dichiaratamente sancito il principio secondo cui:

  • In caso di mancata impugnazione di questo atto entro i termini decadenziali, è esclusa ogni successiva possibilità di contestare il tributo da esso determinato.

La natura provvedimentale dell’atto di liquidazione, rende condivisibili quegli orientamenti dottrinari e giurisprudenziali che ritengono che anche esso sia assoggettato agli obblighi di motivazione.

L’accertamento di maggior valore

Una volta che le parti hanno versato l’imposta principale sulla base dell’imponibile dichiarato, l’Amministrazione finanziaria può controllare che detto imponibile sia congruo. Laddove esso non dovesse essere ritenuto tale, l’Amministrazione potrà notificare un accertamento di maggior valore.

Se vendo una casa vista Colosseo per duecentomila euro, l’imposta mi sarà liquidata sulla base di detto importo. Successivamente l’Amministrazione finanziaria emetterà l’accertamento di maggior valore che si baserà non sull’importo pattuito, bensì sul valore venale del bene, il quale è ad esempio di un milione di euro.

Il potere di controllare la congruità di questi importi dichiarati risiede nel fatto che, le imposte in questione sono commisurate al valore venale dei beni trasferiti, se esso risulta essere maggiore rispetto al valore dei corrispettivi dichiarati.

Limiti ai poteri di controllo sulla congruità degli importi dichiarati

Il potere di controllare la congruità, può essere esercitato con riferimento all’imposta di registro, limitatamente ai:

  • beni immobili
  • diritti immobiliari
  • aziende

Con riferimento all’imposta sulle successione e donazioni, invece, il potere si esercita:

  • con riferimento a tutti i beni e diritti trasferiti

Bisogna precisare che, il legislatore del 1986 ha escluso il potere di rettifica in tutti quei casi in cui il valore imponibile dichiarato fosse superiore o uguale a determinati valori base, i quali si ottenevano moltiplicando la rendita catastale per degli appositi coefficienti stabiliti con decreto ministeriale.

Si osservi però che la regola appena esposta, ai fini dell’imposta di registro, si applica solamente:

  • alle cessioni immobiliari nei confronti di persone fisiche, che non agiscono nell’esercizio d’impresa o di arti e professioni e che comunque utilizzano l’immobile per finalità abitative.

Infine, sempre in tema di accertamento di maggior valore, bisogna dire che detto atto di accertamento deve essere dotato di motivazione. Quindi indicare le ragioni di fatto e quelle diritto che hanno portato l’Ufficio a emanarlo. La motivazione deve contenere anche i criteri attraverso cui l’Ufficio, è riuscito a determinare il maggior valore.

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