Regime intracomunitario nelle operazioni IVA

Regime intracomunitario nelle operazioni IVA

Bandiere dei luoghi dove si applica il regime intracomunitario nelle operazioni IVA

Per quanto riguarda il Regime intracomunitario nelle operazioni IVA dobbiamo dire, già da subito, dei dati importanti.

Spiegazione regime intracomunitario nelle operazioni IVA

Nel 1993 si è avuto la soppressioni delle barriere doganali, all’interno dei Paesi europei. Pertanto, per questo tipo di operazioni – che definiamo appunto intracomunitarie – è stato attuato un sistema diverso.

Diverso sia dalle operazioni interne che da quelle c.d. internazionali.

Poiché è apparso prematuro l’applicazione della tassazione del Paese di origine (soprattutto per le diverse aliquote vigenti nei vari Paesi Comunitari), si è optato per un c.d. “sistema transitorio misto”.

Innanzitutto, per Comunità o territorio Comunitario, a norma della lettera B del Primo comma dell’articolo 7:

  • Si deve intendere, il territorio che corrisponde al campo di applicazione del Trattato che disciplina il funzionamento dell’Unione Europea, con talune tassative esclusioni.

Si pensi alle esclusioni della lettera A, ovvero, alle Isole Canarie o alle Isole Anglo-Normanne.

IVA e il sistema transitorio misto

Per quanto riguarda, invece, il sistema transitorio misto, possiamo dire che i suoi tratti essenziali possono essere così sintetizzati.

Operazione intracomunitarie posta in favore del consumatore finale

Se l’operazione intracomunitaria è posta in essere in favore di un consumatore finale, essa è soggetta all’imposta stabilita nel Paese di origine. Con la conseguenza che le merci possono poi liberamente circolare, all’interno dell’Unione Europea senza che essi soggiacciono ad altre imposte, quando vengono importate in altri Paesi.

Operazione intracomunitarie posta in essere tra i soggetti passivi IVA

Se, invece, detta operazione intracomunitaria è posta in essere tra soggetti passivi IVA, allora si applica il principio della “tassazione nel Paese di destinazione”; anche se con alcuni adattamenti, conseguenti alla soppressione delle dogane.

Vediamo di capire meglio e nel dettaglio, il regime di queste operazioni intracomunitarie con un esempio.

Immaginiamo che  una determinata operazione intracomunitaria, si stia ponendo in essere tra due soggetti. Un soggetto grossista italiano A e un soggetto francese che chiameremo B.

Se questo soggetto francese B è consumatore finale, non si pongono problemi particolari. Perché il grossista italiano A deve emettere fattura con Iva italiana. Come abbiamo visto, il criterio è quello del paese di origine.

Se, invece, il soggetto italiano Grossista A vende al soggetto francese B, il quale è anch’esso un operatore, il Grossista A emetterà una fattura senza IVA.

Egli dovrà limitarsi a citare, nella fattura, la disciplina dell’impianto normativo comunitario che sta al di fuori della normativa IVA.

Ne consegue che, l’operazione in questione non si chiamerà esportazione, bensì cessione intracomunitaria.

Ora, mentre per il Grossista italiano A non succede nulla di diverso rispetto alla disciplina dell’esportazioni, lo stesso non si può certo dire per l’operaore franceseB.

Non a caso, il Grossista A nell’emette la fattura senza IVA, registrerà la medesima tra le operazioni intracomunitari; e consegna la merce all’operatore francese B.

Diverso è, invece, il discorso per quanto riguarda quest’ultimo operatore economico, il quale è colui che riceve la fattura.

Egli non avrà la bolletta doganale e quindi, per evitare che il bene fuoriesca dalla sfera dell’impresa e si crei un evasione, detto soggetto francese B deve adempiere a degli obblighi di natura strumentale.

Obblighi di natura strumentale

Ricevuta la fattura, questa deve essere fotocopiata di modo che si abbiano due fatture identiche.

Nel primo documento si aggiunge il  T.Vu.A. che è l’iva francese. Si aggiunge, quindi, il 21% di iva francese su quell’imponibile di 1000 euro; quindi traccerà l’importo dell’iva francese che è di 210 euro.

Attraverso questa integrazione del documento, egli ha creato un qualcosa di simile alla bolletta doganale. Questa fattura fotocopiata e integrata gli consentirà, di registrare la fattura nel registro degli acquisti con l’iva francese che significa iva da detrarre.

Ma è agevole comprendere che, così facendo, l’operatore francese può detrarla senza che essa sia stata effettivamente pagata.

Ecco il perché del secondo documento.

Il secondo documento, fotocopia del primo e anch’esso integrato dell’iva francese, lo deve registrare nel registro delle fatture emesse. 

Questa formalità servirà a simulare una sua vendita e quindi a rendere neutrale l’intera operazione.

Quando poi questa merce sarà venduta veramente, ecco che per la prima volta ci sarà un iva dovuta allo Stato francese.

Il Reverse Charge

Detto ciò si comprende con più facilità, in che cosa consiste in Italia il c.d. reverse charge (o inversione contabile).

Nei rapporti a rischio in cui è facile trovare la famosa cartiera, coloro che emettono la fattura e non la versano, si è trovato questo sistema del reverse charge.

Vale a dire, si è capito che con riferimento a determinati rapporti, si potrebbe introdurre questo sistema delle operazioni intracomunitarie, anche all’interno del territorio italiano.

Si pensi, al delicatissimo ambito dei contratti d’appalto, dove vi è il rapporto tra committente, appaltatore e subappaltatore.

In questo tipo di rapporti è stato statisticamente provato che spesso, il subappaltante emettere una fattura con iva senza poi versarla, ma attribuendo all’appaltatore ugualmente il diritto di poterla detrarre.

Ecco allora che si è deciso, in questo e in altri tipi di rapporti ritenuti a rischio, di adottare il sistema del reverse charge.

Più precisamente:

Quando il destinatario di una fornitura di beni o servizi è soggetto passivo nel territorio dello Stato, quest’ultimo è tenuto ad assolvere all’imposta in luogo del fornitore.

Esempio dell’appalto:

Il subappaltante deve emettere una fattura senza iva. Questo farà sì che l’appaltante registri la medesima, sia nel registro degli acquisti che delle vendite indicando la norma che prevede l’applicazione del regime del reverse charge.

Allo stato attuale è l’articolo 17 comma 5 del DPR 633/1972.

Sarà poi il destinatario della cessione di beni o della prestazione del servizio (nell’esempio fatto l’appaltatore), a dover integrare la fattura ricevuta, con l’indicazione dell’aliquota attinente all’operazione posta in essere dal cedente o prestatore del servizio (nell’esempio subappaltante).

Anche qui, l’appaltante dovrà registrare il documento sia nel registro delle fatture emesse, che nel registro degli acquisti, di modo da rendere anche in questo caso l’operazione neutrale.

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