L’appropriazione indebita. Articolo 646 c.p.

L’appropriazione indebita. Articolo 646 c.p.

Il delitto di appropriazione indebita è disciplinato all’interno dell’articolo 646 c.p., il quale stabilisce che:

Primo comma

Chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si APPROPRIA del denaro o di altra cosa mobile altrui di cui ne ha il possesso a qualsiasi titolo, è punito – a querela della persona offesa – con una reclusione fino a tre anni e una multa fino a 1032 euro.

Secondo comma

Se il fatto è commesso su cose possedute a titolo di deposito necessario, la pena è aumentata.

Terzo comma

Si procede d’ufficio, se ricorre la circostanza indicata nel capoverso precedente o una delle circostanze indicate nel numero 11 dell’articolo 61c.p.

Spiegazione dell’articolo 646 c.p.

Come si può evincere già da una prima lettura, il delitto di appropriazione indebita ha una struttura assai simile a quella del reato di furto.

La differenza risiede che nel FURTO il ladro si impossessa della cosa, sottraendola a chi la detiene. Nell’APPROPRIAZIONE INDEBITA, invece, manca la sottrazione. Questo perché le cose sono già in suo possesso.

Quanto ho appena esposto può farci capire egregiamente, il motivo che spinge il legislatore a disciplinare l’appropriazione indebita con un trattamento sanzionatorio meno rigido. In questa fattispecie di reato manca, infatti, quell’attacco alla pace sociale che simbolicamente viene fatta coincidere con l’azione sottrattiva del reo.

Bene protetto nell’appropriazione indebita

L’individuazione del bene protetto nella fattispecie in esame, non si presenta come un qualcosa di semplice. Essa è oggetto di diverse controversie dottrinarie.

Un primo orientamento lo individua nel rapporto di fiducia che intercorre, tra l’effettivo proprietario e il soggetto su cui incombe l’obbligo di restituire la cosa posseduta.

Un secondo orientamento indica come bene protetto, invece, la proprietà. A differenza del furto che come abbiamo visto, tutela il possesso.

Un altro orientamento ancora, a mio avviso quello più corretto, lo individua infine, nell’interesse che un soggetto – diverso dall’autore del fatto – ha di rispettare il vincolo di destinazione della cosa.

Possesso nell’appropriazione indebita

Interessante è poi capire che cosa si deve intendere per possesso, ai fini dell’appropriazione indebita. Sul punto non si pongono particolari difficoltà.

Per possessori si devono intendere l’usufruttuario, il comodatario, il mandatario, il locatario, l’appaltatore e tutti quei soggetti che, sulla base di un contratto o per legge, siano dotati del possesso della cosa.

Ne consegue che sono da rigettare tutte quegli orientamenti che, ai fini di applicare l’appropriazione indebita, ritengono sufficiente che nel momento dell’impossessamento le cose non sono assoggettate al possesso altrui.  

Non è quindi sufficiente la mancanza di possesso altrui. È necessario che il reo abbia il possesso della cosa e che questo possesso, come abbiamo appena detto, ci sia sulla base di un contratto o di una legge.

Possesso e detenzione

La definizione di possesso, seppur semplice dal punto di vista teorico, diventa più complicata dal punto di vista applicativo. Questo perché non sempre è facile e immediata, la distinzione tra possesso e detenzione.

Solo chi ha il possesso, incorre nel trattamento sanzionatorio dell’appropriazione indebita. Il detentore, invece, incorre nella fattispecie di furto.

Possesso sprangato

Sempre con riferimento alla più volte citata appropriazione indebita, si ha un caso di possesso che ha portato a porre diversi orientamenti dottrinari.

Sto parlando del c.d. possesso sprangato.

Detto possesso si verifica quando io affido a un terzo, oggetti chiusi all’interno di un involucro sigillato e il possessore, dopo aver rotto l’involucro, si appropria degli oggetti in esso contenuti. 

Una parte della dottrina

Secondo un primo orientamento, l’involucro sigillato non consentirebbe di trasferire al reo, il possesso di ciò che in esso è contenuto. Pertanto, secondo questo orientamento, se il reo dovesse rompere l’involucro e dovesse appropriare del suo contenuto, egli incorrerebbe nel reato di furto. Non quindi di appropriazione indebita.

Il mio orientamento

Però se accogliessimo questo orientamento, significherebbe accettare di rompere lo stretto rapporto intercorrente, tra il contenitore e il suo contenuto. Normalmente essi sono considerati in modo unitario.

Nell’esempio che ho fatto, il terzo per impossessarsi delle cose chiuse nel contenitore, deve impossessarsi e rompere il contenitore stesso.

Condotta incriminata nell’appropriazione indebita

Nel reato oggetto della nostra trattazione, la condotta incriminata è rappresentata dall’appropriazione.

Detta appropriazione avviene tutte le volte in cui nel reo si genera quello che tecnicamente viene chiamato, intervesio possessionis. Vale a dire, cambiamento del titolo del possesso.

Il soggetto attivo prima possedeva sulla base di un titolo diverso dalla proprietà; adesso invece come se egli fosse il proprietario.

Momento in cui si realizza l’appropriazione

A questo punto sorge una domanda. Quando possiamo dire, si sia realizzata detta appropriazione?

In dottrina si ritiene che la condotta appropriativa, si realizza ogni qualvolta il reo pone in essere la:

  • Consumazione: utilizzare la cosa.
  • Alienazione: venderla.
  • Ritenzione: non restituirla.
  • Distrazione: dare alla cosa una destinazione diversa da quella impartita inizialmente dal proprietario.

L’uso momentaneo nell’appropriazione indebita

Non è, invece, in grado di far configurare l’appropriazione indebita, il c.d. uso momentaneo della cosa. Questo per due ordini di ragione.

Il primo perché nell’uso momentaneo della cosa, manca la volontà del reo di appropriarsene per sempre e quindi di comportarsi come se fosse il proprietario.

Il secondo perché mentre il legislatore ha esplicitamente disciplinato la figura del furto d’uso, non ha fatto lo stesso con la fattispecie di appropriazione indebita.

L’oggetto materiale nell’appropriazione indebita

Come si evince agevolmente dal dettato dell’articolo 646 c.p., l’oggetto materiale del reato è costituito dal denaro o da altra cosa mobile altrui.

L’atteggiamento psicologico nell’appropriazione indebita

Nel delitto in esame il dolo è specifico. Occorre non soltanto la volontà di appropriarsi, ma anche di procurare a sé o ad altri un profitto ingiusto.

Profitto inteso in senso restrittivo e quindi, nella sua accezione patrimoniale.

Tentativo e appropriazione indebita

In dottrina è molto controversa la questione se nell’appropriazione indebita, sia o meno possibile il configurarsi del c.d. tentativo.   

Una parte della dottrina la ritiene ravvisabile solamente se gli atti compiuti, pur essendo idonei non hanno ancora realizzato una vera e propria appropriazione.

Ma sorge una domanda a cui credo non ci sia una risposta. Quali sono questi atti che pur essendo idonei, non hanno ancora fatto scattare l’appropriazione da parte del reo?

Ne consegue, che il problema del tentativo di appropriazione, è un qualcosa di poco conto. Questo perché pur volendolo ammettere, rimane sempre un qualcosa che non trova molto riscontro nella vita reale.

Si tratta più di un problema più teorico che pratico.

Circostanza aggravante nell’appropriazione indebita

La circostanza aggravante riguarda l’ipotesi in cui, il fatto è commesso su cose possedute a titolo di deposito necessario.

Qui l’aumento di pena è giustificato, in quanto, il soggetto passivo si trova nell’impossibilità di scegliere e ponderare bene il soggetto a cui affidare il possesso delle cose.

Si ha deposito necessario tutte le volte che, di quel deposito si è costretti a causa di un evento accidentale. Si pensi a un incendio, un saccheggio o un naufragio.

L’appropriazione indebita come reato punibile a querela della persona offesa

Il delitto di appropriazione indebita è normalmente punito a querela della persona offesa. Tuttavia, ci sono due ipotesi in cui il reato è perseguibile d’ufficio.

Più precisamente, nell’ipotesi in cui si applica la circostanza aggravante; nell’ipotesi in cui il fatto è commesso con abuso di autorità o di relazioni domestiche, ovvero, con abuso di relazioni d’ufficio, di prestazioni d’opera, di coabitazione o di ospitalità. Articolo 61 numero 11 c.p.  

Per approfondire il tema, leggi anche Ipotesi di appropriazione indebite minori.

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