Ordinamento canonico. Diritto divino naturale e positivo

Ordinamento canonico. Diritto divino naturale e positivo

Tavole X Comandamenti

Come si evince dal titolo, l’argomento di oggi sarà Ordinamento canonico. Diritto divino naturale e positivo.

Spiegazione del diritto divino naturale e positivo nella Chiesa cattolica

Fino a tutto il 1700, l’idea che l’autore del diritto fosse non solo l’uomo ma anche Dio, era un fatto del tutto normale e scontato. Un fatto che non è mai venuto meno nella Chiesa, neanche a seguito delle codificazioni. Insomma, nella Chiesa vi è sempre stata una dialettica tra diritto Divino e diritto umano.

Lo stesso non si può certo dire, per quanto riguarda la legislazione secolare, ossia quelli degli Stati. Quest’ultimi ritengono che sia diritto, solo quello che è ripetuto all’interno di una legge da essi stessa posta. Con la conseguenza che tutto quello che ne sta di fuori, sono da considerarsi solo problemi che riguardano la sfera religiosa e morale.

Ma torniamo al discorso Chiesa. Nella tradizione del pensiero occidentale e in modo particolare nel pensiero del teologo e giurista F. Suarez il diritto divino viene distinto in NATURALE e POSITIVO.

Diritto Divino Naturale

Il diritto divino Naturale è chiaramente ricondotto pur sempre a Dio. Egli ha creato il mondo e nel crearlo lo ha regolato. Il pensiero cristiano vede l’uomo come un essere razionale, pertanto, proprio per questa razionalità capace di conoscere il diritto Naturale.

In altre parole, l’uomo sa che esistono in natura delle regole, anche se esse non sono ripetute in nessun codice.

Si osservi che questo diritto Naturale poiché si riferisce alla Ratio della persona umana, vige sempre nei confronti di tutti gli uomini. Anche nei confronti di coloro che non appartengono alla comunità Chiesa.

Come è ormai agevole comprendere, il diritto Naturale è parte integrante dell’ordinamento canonico.

Diritto Divino Positivo

Esso, invece, è una peculiarità del diritto canonico ed è Dio in persona che si comporta come un legislatore. Un Dio che parla agli uomini, dettanto le proprie leggi.

Ora, ci si pone già una domanda di non poco conto e cioè: come si fa a conoscere questo diritto divino positivo?

La nostra risposta sarà che, le sue fonti di cognizione sono la rivelazione e la tradizione.

Fonti di cognizione del diritto divino positivo

La rivelazione è quel sapere che noi conosciamo grazie ai testi dell’Antico testamento (rivelazione pre-cristiana), e del Nuovo testamento (rivelazione cristiana).

Non è un caso, infatti, che la Chiesa consideri la Bibbia (Antico e Nuovo testamento) un testo sacro. Essa è stata scritta da uomini, ma su ispirazione divina. E’ stata poi la tradizione apostolica a stabilire il canone della scrittura, vale a dire l’elenco dei libri che fanno parte e che compongono la Bibbia.

Per Tradizione (Traditio) si intende, invece, la consegna ripetuta degli insegnamenti. Consegna che nella tradizione cristiana fu fatta per primo da Cristo agli apostoli, più in generale ai discepoli, i quali prima di morire consegnarono a quelli che noi chiamiamo vescovi; i quali vescovi alloro volta continuarono a consegnare ai vescovi loro successori e così via, fino a nostri giorni.

Si osservi che fino ad ora abbiamo tenuto distinta la Scrittura dalla Tradizione, però è anche vero che la stessa Scrittura prima che diventasse tale è stata il frutto anch’essa di una Tradizione.

A maggior conferma di quanto sto dicendo lo dimostra San Luca nel primo capitolo del suo Vangelo:

  • Poiché molti han posto mano a stendere un racconto degli avvenimenti successi tra di noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni fin da principio e divennero ministri della parola, così ho deciso anch’io di fare ricerche accurate su ogni circostanza fin dagli inizi e di scriverne per te un resoconto ordinato, illustre Teòfilo, perché ti possa rendere conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.

D’altra parte non sarebbe potuto essere altrimenti, visto che i Vangeli sono stati scritti molto tempo dopo la morte e la resurrezione di Cristo.

Ad ogni modo, la Chiesa ritiene che Scrittura e Tradizione siano complementare e quindi l’una non prevale sull’altra, tanto che insieme costituiscono l’unico e solo Sacro Deposito della Parola di Dio affidata alla Chiesa. (Vedi in tal senso la costituzione Dei Verbum al paragrafo 10).

In altre parole Sacra Scrittura, Sacra Tradizione e Magistero ( interpretazione della Chiesa), sono così interconnesse che se non esistesse l’una, non potrebbero esistere le altre.

A questo punto possiamo dire che Scrittura e Tradizione sono fonti di cognizione assai statiche. Perché il Sacro Deposito è quello e non può essere modificato. Ma è altrettanto vero che essi possiedono anche una certa dinamicità. Ciò accade perché con il tempo essi si arricchiscono e quindi questo sapere tende a perfezionarsi. Esempio del Dogma dell’Immacolata Concezione.

Ora è necessario precisare che, il fatto che la Sacra Scrittura sia fonte del diritto Divino, non vuol dire che ogni parola di esso rappresenti una norma giuridica. Questo ci pone quindi un problema di non poco conto: come facciamo noi a conoscere il diritto Divino?

Vigenza del diritto Divino

Al riguardo ci sono diverse teorie, ma quella che trova più accredito è sicuramente quella che il diritto Divino è vigente per canonizzazione. In altre parole esso si presenterebbe come vanescente, cioè presente, esistente, ma in attesa di entrare in vigore.

Si osservi che, affinché, il diritto Divino entri in vigore è necessaria la compresenza di due requisiti:

  1. POSITIVIZZAZIONE: Che la Chiesa prenda coscienza dell’esistenza di questa norma.
  2. FORMALIZZAZIONE: Vale a dire che venga formalizzata, canonizzata, resa norma giuridica.

Esempio di formalizzazione del diritto Divino:

  • Canone 331: Il Vescovo della Chiesa di Roma, in cui permane l’ufficio concesso dal Signore singolarmente a Pietro, primo degli Apostoli, e che deve essere trasmesso ai suoi successori, è capo del Collegio dei Vescovi, Vicario di Cristo e Pastore qui in terra della Chiesa universale; egli perciò, in forza del suo ufficio, ha potestà ordinaria suprema, piena, immediata e universale sulla Chiesa, potestà che può sempre esercitare liberamente.

Ora vi sono casi in cui il giurista si può trovare dinnanzi a un dubbio e cioè, quello di capire se la formalizzazione di una norma esprime un principio di diritto divino o umano. Si osservi che anche in questo caso la questione non è di poco conto.

Facciamo un esempio per capire meglio. Il canone 1098 (Chi celebra il matrimonio, raggirato con dolo ordito per ottenerne il consenso, circa una qualità dell’altra parte, che per sua natura può perturbare gravemente la comunità di vita coniugale, contrae invalidamente), è stato introdotto con il codice del 1983, ne consegue che nella previgente disciplina il dolo non era causa di invalidità.

A questo punto noi possiamo dire che se il canone 1098 esprime un principio di diritto Divino, esso è sempre stato vigente (anche se la chiesa ne ha preso coscienza solo adesso) e quindi lo applichiamo anche ai matrimoni che sono stati celebrati prima dell’entrata in vigore del codice del 1983 (in tal senso è l’orientamento del nostro professore); in caso contrario e cioè, che il canone esprime un principio di diritto umano, esso si applica solo per i matrimoni celebrati successivamente (in tal senso è l’orientamento della giurisprudenza prevalente, orientamento comunque fortemente influenzato da un’esigenza di cautela).

Quanto abbiamo appena detto dovrebbe farci capire ancora meglio come l’esistenza, la presa di coscienza e la formalizzazione del diritto siano problemi importantissimi.

Approfondimenti

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