Le plusvalenze

Le plusvalenze

A differenza dei ricavi, le plusvalenze sono elementi reddituali di natura differenziale. Si tratta di incrementi di valore realizzati attraverso la fuoriuscita dalla sfera dell’impresa, di beni che non rientrino nella categoria dei c.d. Beni-Merce.

I beni capaci di generare plusvalenze o minusvalenze, sono quindi i beni strumentali e patrimoniali dell’impresa. 

La stessa azienda nella sua unitarietà quando essa è fatta oggetto di cessione a titolo oneroso, è in grado di generare plusvalenze.

Definizione di plusvalenza 

Si osservi che detta plusvalenza può essere definita come:

  • la differenza positiva intercorrente tra il corrispettivo conseguito a seguito della dismissione del bene e la parte del costo di acquisto non ancora ammortizzata.

Perché le plusvalenze vengono tassate 

La ragione di tassare le plusvalenze d’impresa, risiede in una circostanza di fatto ben precisa. Così come sono deducibili, mediante ammortamento, i costi sostenuti per l’acquisto di questi beni strumentali e patrimoniali, devono altresì essere sottoposti a tassazione, i proventi eventualmente conseguiti in occasione della loro dismissione.

Plusvalenze patrimoniale e Plusvalenze esenti

Attualmente l’ordinamento giuridico distingue le plusvalenze d’impresa in due categorie. Le plusvalenze patrimoniali (art 86 TUIR) e le plusvalenze esenti (art 87 TUIR). Quest’ultime sono anch’esse plusvalenze patrimoniali, con la differenza che in presenza di certe condizioni, sono assoggettate ad un regime fiscale differente.

Plusvalenze patrimoniali articolo 86 TUIR

Detto ciò è importante precisare che (art 86 TUIR), le plusvalenze d’impresa concorrono a formare il reddito, analogamente a quanto visto per i ricavi e quindi, se sono realizzate mediante:

  • Cessione a titolo oneroso del bene
  • Risarcimento, anche in forma assicurativa, per la perdita o il danneggiamento dei beni
  • Se i beni vengono assegnati ai soci o destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa

La tassabilità delle operazioni di permuta

Un’attenzione particolare deve essere riservata anche alle operazioni permutative. In passato si riteneva che nonostante in esse vi fosse la cessione del bene a titolo oneroso, non si configurasse una plusvalenza del bene permutato. Questo lo si asseriva in quanto, il bene precedente sarebbe stato sostituito da un bene nuovo.

Oggi la questione è disciplinata dall’articolo 86 comma Due TUIR. Quest’ultimo stabilisce che anche la permuta è idonea a generare plusvalenze imponibili che vanno quantificate, sulla base del valore normale dei beni ceduti.

Oggi il comma Due dell’articolo 86 TUIR esclude la tassabilità solamente in una ipotesi. Quando il bene ricevuto in permuta sia anch’esso ammortizzabile e venga iscritto nel bilancio allo stesso valore per il quale era iscritto il bene ceduto. In quest’ultimo caso si considera plusvalenza solo l’eventuale conguaglio in denaro eventualmente pattuito.

Anche le plusvalenze concorrono a formare il reddito, sulla base del fondamentale principio di competenza. Tuttavia, con riferimento alle sole plusvalenze derivanti da beni posseduti per più di tre anni, il legislatore riconosce un’opportunità  al contribuente. Gli consente di diluire la tassazione medesima per quote costanti. Più precisamente, nell’anno di realizzo e nei quattro successivi. In altre parole in Cinque anni.

Plusvalenze esenti articolo 87 TUIR

Adesso parliamo delle plusvalenze esenti.  A norma dell’articolo 87 TUIR, esse sono quelle realizzate per la partecipazione, sia a società commerciali di persone che a società di capitali.

Questa plusvalenze in presenza di particolari presupposti sono assoggettati al regime delle c.d. partecipazioni esentate da IRES. In inglese prende il nome di participation exemption.

Anche qui la giustificazione a questa esenzione, ha delle finalità ben precise. Risiede nel fare in modo che il reddito prodotto dalla società venga tassato una sola volta. Quindi, in capo alla società produttrice e non anche in capo al socio.

L’esenzione di cui stiamo parlando è pari al 95 %. Più precisamente il 95 % della plusvalenza realizzata mediante la cessione della partecipazione, non concorre a formare il reddito imponibile del socio.

Condizioni per applicare il regime di esenzione

Affinché si possa applicare questo regime di esenzione, è necessario che vi sia la presenza di quattro condizioni:

  1. La partecipazione deve essere posseduta per almeno un anno. Se la partecipazione è stata acquisita in più tranche, si farà riferimento alla data dell’ultimo acquisto.
  2. La partecipazione deve essere stata iscritta tra le immobilizzazioni finanziarie. Ciò deve avvenire nel primo bilancio chiuso durante il periodo di possesso.
  3. La società partecipata non deve avere la residenza fiscale in uno Stato a fiscalità agevolata.
  4. La società partecipata eserciti un attività d’impresa. Detto requisito sarà comunque escluso, se il patrimonio della società sarà prevalentemente costituito da beni immobili diversi da quelli strumentali e quindi, volti all’attività di produzione e scambio.

Si osservi che i requisiti di cui al numero 3 e 4, devono sussistere in maniera ininterrotta, all’interno di un determinato arco temporale. Dall’inizio del terzo periodo d’imposta anteriore al realizzo.

In assenza, anche di uno solo di detti requisiti, le plusvalenze saranno assoggettate al normale regime impositivo.

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