Teoria generale della norma canonica

Teoria generale della norma canonica

La trattazione della teoria generale della norma canonica, ci porta a richiamare la tradizione canonica. Un esempio di tradizione canonica è la summa teologica. Detta tradizione sottolinea l’esigenza che la norma deve essere “razionale”. La parola razionale significa, conforme al diritto divino naturale e positivo.

Concezione questa che percorrerà tutta la tradizione giuridico occidentale.

Per San Tommaso la legge non è altro che:

  • Un ordine dato dalla ragione per il conseguimento del bene comune, ordine promulgato da colui che ha la cura (cioè il compito di governo) della comunità.

Ovviamente per il Santo, la ragione deve essere guidata dalla fede.

Ma già prima di lui, Isidoro da Siviglia scrisse l’etimologie che contenevano nozioni elementari di diritto. All’interno si descriveva come sarebbe dovuta essere la legge.

La legge deve essere onesta e giusta e quindi in conformità al diritto; secondo natura e secondo la consuetudine della Patria, nonché scritta insieme e non per un comodo privato, ma per la civitas.

Si osservi che anche il codice del 1983, nel suo canone 24, parla della razionalità. Anche se, a dire il vero, ne parla limitatamente alla consuetudine, ma è chiaro che il discorso si estende anche alla legge.

Il fatto che la legge deve essere conforme alla Ratio, è sempre stato asserito nell’esperienza giuridica della Chiesa; qui dobbiamo aggiungere che la promulgazione è seguita dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Chiesa, Acta Apostolicae Sedis.

La legge nel diritto canonico

L’ignoranza della legge nell’ordinamento canonico

Per quanto invece riguarda l’ignoranza, a differenza di quanto accade negli ordinamenti civili, in quello canonico l’ignoranza non colpevole, non soltato scusa ma ci fa evitare anche la pena.

Si osservi che all’ignoranza senza colpa viene equiparata, l’inavvertenza e l’errore.

Diventa importante ricordare che gli aspetti relativi alla legge, sono trattati tutte nella parte iniziale del codice del 1983.

Leggi generali e leggi particolari nell’ordinamento canonico

Sempre parlando della teoria generale della norma canonica, dobbiamo dire che le legge può essere generale o particolare.

Essa è per eccellenza norma generale e astratta, anche se, a dire il vero, nella realtà non mancano leggi con dei destinatari precisi. Cioè, quelle leggi che nel nostro ordinamento prendono il nome di: leggi provvedimento.

Le leggi universali, invece, sono quelle che come si evince dallo stesso nome, valgono per tutti. Dette leggi possono essere poste in essere solo dal Papa e dal Collegio Episcopale con il suo capo e mai senza il suo capo.

Si tratta comunque di leggi, quest’ultime, assai rare. A maggior conferma, anche lo stesso codice del 1983, può essere considerata una legge particolare. Esso, infatti, non si applica alle Chiese Orientali.

Si osservi poi che il Papa, il Collegio Episcopale con il suo capo e mai senza il suo capo, nonché i vescovi, possono porre in essere anche delle leggi c.d. particolari. Vale a dire, leggi efficaci solo per alcuni gruppi di fedeli o comunque, delimitati secondo criteri personali o territoriali.

L’ordinamento canonico e la potestà legislativa delegata

Nell’ordinamento canonico la potestà legislativa può essere delegata. Mentre il Papa può delegare quando e come vuole, il vescovo solo nei casi stabiliti dal diritto. Ciò chiaramente avviene a differenza di quanto accade nel nostro ordinamento giuridico, dove la potestà legislativa non può essere delegata.

Potestà legislativa delle Conferenze Episcopali

A dire il vero, anche le Conferenze Episcopali possono porre norme giuridiche. Ma tale competenza sarebbe di natura delegata. Ne consegue che dette Conferenze possono produrre norme, solo nei casi stabiliti dal diritto e devono comunque, per avere forza obbligante, essere riconosciute dalla Santa Sede.

Ad ogni modo, anche nell’ordinamento canonico vige il c.d. principio di legalità. Pertanto, una norma di rango inferiore, non potrà modificare quelle di rango superiore.

La consuetudine nell’ordinamento canonico

Essa è una norma che tradizionalmente ha avuto una grande importanza negli ordinamenti giuridici. Importanza, tutt’oggi rivestita nell’attuale ordinamento canonico.

Essa non è altro che una tipologia di norma che serve ad adeguare l’ordinamento giuridico della Chiesa, alle reali esigenze di ciascuna comunità.

Distinzione delle consuetudini nell’ordinamento canonico

Le consuetudini vengono tradizionalmente distinte in quelle:

  • Secondo la legge
  • Fuori dalla legge
  • Contro la legge

N.B. Nell’ordinamento canonico, a differenza di quanto avviene in quello civile, è ammessa anche la validità della consuetudine contro la legge.

Requisiti della consuetudine 

Mentre i suoi requisiti sono

  1. Animus communitatis: La consuetudine deve essere osservata con l’intenzione di introdurre diritto (can. 25).
  2. Razionalità: (requisito generale della norma canonica). Si richiede non solo la sua congruenza con il diritto divino, ma anche con le linee fondamentali della disciplina della materia in oggetto. Una consuetudine riprovata non è razionale.
  3. Decorso del tempo: Quanto alla consuetudo contra legem, essa può assumere vigore con il decorso di trenta anni; solo la consuetudine centenaria o immemorabile può prevalere contro una legge che contenga una clausola che proibisce le consuetudini future.
  4. Consenso (approvazione) del legislatore: è necessario perché il potere legislativo non procede dal basso.

A questo punto sorge un’ultima domanda. Cosa accade se la legge dovesse nel suo dettato normativo contrastare quanto disposto dalla consuetudine?

La risposta è che il contenuto della consuetudine prevarrà contro la legge solo se la prima sia centenaria o memorabile.

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