Nozione del reddito d’impresa

Nozione del reddito d’impresa

Per quanto riguarda la nozione del reddito d’impresa dobbiamo dire che il legislatore tributario tende a dare una definizione di imprenditore e quindi di reddito d’impresa, ben più ampia rispetto alla nozione civilistica di imprenditore e piccolo imprenditore rispettivamente artt. 2082 e 2083 c.c.

Ciò trova la sua giustificazione nel fatto che in campo di redditi d’impresa i controlli sono molto più incisivi.

Dal punto di vista tributario per comprendere se un soggetto sia o meno imprenditore, ci si avvale di tre criteri, più precisamente:

  • Formale 
  • Sostanziale Qualitativo 
  • Sostanziale Quantitativo

Criterio Formale

Attraverso questo criterio non si guarda all’attività svolta dal soggetto, ma alla natura del soggetto stesso. Qui è infatti interessante richiamare, sia l’ultimo comma dell’articolo 6 TUIR:

  • i redditi delle società in nome collettivo e in accomandita semplice da qualsiasi fonte provengano e quale che sia l’oggetto sociale sono considerati redditi d’impresa;

che l’articolo 81 TUIR, il quale stabilisce lo stesso principio per le società di capitali (SPA, SRL, SAA, società cooperative, di mutua assicurazione), nonché i trust e gli enti commerciali sia pubblici che privati.

Ne consegue che in presenza di questi soggetti l’assorbenza è totale e quindi non potrà esserci altra categoria reddituale.

A questo punto sorge spontaneamente una domanda, i soggetti diversi da quelli finora considerati dal criterio formale:

  • persona fisica
  • società semplice
  • enti non commerciali

quando realizzano attività d’impresa?

Per rispondere a questa domanda dobbiamo analizzare gli altri due criteri, più precisamente:

Criterio Sostanziale Qualitativo

Esso è contenuto all’interno dell’articolo 55 TUIR, il quale stabilisce che:

  • Sono redditi d’impresa quelli che derivano dall’esercizio di imprese commerciali.

Il legislatore nello stesso comma chiarisce cosa si deve intendere per esercizio di impresa commerciale:

Per esercizio di impresa commerciale si deve intendere l’esercizio per professione abituale, anche se non esclusivo, delle attività indicate dall’articolo 2195 c.c. e l’esercizio delle attività agricole, anche se non organizzate in forma d’impresa, qualora superino i limiti di cui al secondo comma dell’articolo 32 TUIR.

Criterio sostanziale quantitativo

Il legislatore precisa altresì nel secondo comma dell’articolo 55 TUIR che: Sono considerati inoltre redditi d’impresa:

  1. tutti i redditi che derivano dall’esercizio di attività, che seppur non rientranti nel dettato di cui all’articolo 2195 c.c., sono esercitate con una organizzazione di impresa.

Ed è questo il terzo criterio ossia il Criterio Sostanziale Quantitativo. In altre parole, anche se l’attività non rientra in quelle elencate dall’articolo 2195 c.c. è da considerarsi ugualmente reddito di impresa se il peso dell’organizzazione è tale da spersonalizzare l’esercizio di quell’attività. Detta spersonalizzazione avviene quando i servizi prestati mediante quell’attività, derivano più dalla complessiva organizzazione produttiva:

  • Capitale investito
  • personale impiegato
  • ecc

che dal personale lavoro del titolare dell’attività. Esempio la guida turistica è un lavoratore autonomo, ma se assume del personale e si comincia ad avere un organizzazione che non è più strumento ma elemento. E’ chiaro che il correlativo reddito diventa d’impresa. Altro esempio, il medico che apre una casa di cura. Ecc. ecc.

Ulteriori ipotesi di reddito d’impresa

Sono ancora considerati reddito di impresa sempre secondo l’articolo 55 TUIR anche:

  1. i redditi che derivano dallo sfruttamento di cave,miniere, saline, laghi, stagni e altre acque interne.
  2. i redditi derivanti da attività agricole, che seppur dette attività rispettano i limiti del secondo comma del articolo 32 TUIR, sono svolte da società commerciali o alle stabili organizzazioni di persone fisiche non residenti e esercenti attività di impresa.

Detto ciò, bisogna ancora ricordare che altri due importanti fattori:

In primo luogo, che esistono discipline opzionali differenziate e semplificate sia degli obblighi contabili che dei criteri di determinazione del reddito delle c.d. IMPRESE MINORI. Cioè quelle imprese che nel periodo d’imposta precedente non hanno conseguito un certo ammontare di ricavi. Ammontare che varia a secondo del servizio o dell’attività presta.

In secondo luogo, che la legge tributaria non dice nulla sulla necessità o meno di avere scopo di lucro, affinché si possa avere attività d’impresa. E sul punto dobbiamo dire che la dottrina più attenta, pur condividendo la non essenzialità del fine di lucro, ritiene implicito nella stessa organizzazione in forma di impresa, il requisito dell’economicità dell’attività. Economicità che ricorrerebbe solo quando, l’attività risulta alimentata da proventi di natura corrispettiva.

Ne consegue che, non possono essere definite commerciali quelle attività che sono alimentate in maniera prevalente da liberalità e contributi pubblici o privati.

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